Tutti i dati che emergono in questo inizio 2025 confermano, con forza, ciò che ANIR sostiene da anni: la ristorazione collettiva non è solo un servizio, ma una vera e propria infrastruttura sociale al servizio del Paese. Essenziale, capillare, spesso invisibile, ma decisiva nel garantire salute, equità, sostenibilità.
I numeri raccontano meglio di qualsiasi parola il valore – e le fragilità – di questo settore.
Un servizio che riguarda milioni di persone
Nel 2023 sono stati serviti oltre 860 milioni di pasti collettivi, pari al 17% del totale dei consumi fuori casa. Un sistema che occupa più di 102.000 addetti, per l’81% donne, e con il 90% dei contratti a tempo indeterminato (dati Oricon-Nomisma). Una ristorazione fondata sul lavoro stabile, connessa a bisogni essenziali: l’alimentazione di studenti, pazienti, lavoratori, persone fragili.
Una fotografia ampia e dettagliata che conferma le tendenze già intercettate nel 2023 dalla ricerca promossa da ANIR insieme a SWG, che aveva messo in evidenza come:
- Più di 9 milioni di italiani, tra studenti e lavoratori, utilizzino almeno occasionalmente servizi di ristorazione collettiva.
- Il 75% della popolazione ha usufruito almeno una volta di questi servizi nel corso della propria vita.
- Il 67% degli studenti universitari e il 47% dei giovani tra i 18 e i 34 anni siano passati attraverso la mensa scolastica.
- Solo un lavoratore su sei ha accesso a una mensa interna, ma oltre il 60% degli utenti ne riconosce i vantaggi in termini di qualità, salute e benessere.
Numeri che confermano esattamente ciò che è stato poi rilevato in modo strutturato due anni dopo: la ristorazione collettiva è diffusa, necessaria e attesa da un’ampia parte della popolazione, ma resta sottovalutata nei fatti.
Sottovalutato, ma cruciale
A fronte di una domanda così estesa, il risultato operativo del comparto è calato del 69% rispetto al 2018. Questo è attribuibile all’aumento dei costi delle materie prime alimentari (+19%), dell’energia (+37% per il carbone, +36% per il gas naturale, +28% per il petrolio) e alle rigidità del quadro normativo.
Nel frattempo, il costo delle materie prime è cresciuto del 19%, quello dell’energia ha subito incrementi del 28-37%. A fronte di questo scenario, serve una svolta normativa, economica e culturale.
Qualità come criterio strategico, non opzionale
Come ANIR abbiamo promosso un nuovo approccio: il cibo pubblico. Un’idea che nasce da un dato semplice: il pasto fornito in una scuola, in un ospedale, in un’azienda o in una RSA non è un bene qualsiasi, ma una responsabilità collettiva. Richiede visione, governance, qualità.
Per questo abbiamo sviluppato un modello di rating ESG per la ristorazione collettiva, che integra sostenibilità ambientale, rispetto del lavoro e qualità dell’offerta. È una risposta concreta alla crisi del settore, ma anche un percorso per le imprese che vogliono innovare e assumere un ruolo attivo nel sistema-Paese.
Nel 2023, proprio la nostra ricerca con SWG indicava che:
- Il 92% dei genitori ritiene che il momento del pasto a scuola sia fondamentale dal punto di vista educativo.
- L’84% chiede prodotti della dieta mediterranea, l’86% prodotti a km zero, l’82% menù biologici o sostenibili.
Segnali forti, che oggi trovano conferma nei dati e nelle nostre proposte di policy.
Cibo pubblico: visione e responsabilità condivisa
Dobbiamo dirlo con chiarezza: non esiste un sistema sanitario, educativo o produttivo forte senza un servizio di ristorazione collettiva all’altezza. Il cibo pubblico è un diritto. E garantire quel diritto significa uscire dalla logica del prezzo più basso e investire sulla qualità, sulla formazione, sulla responsabilità d’impresa
I dati lo dicono. ANIR è pronta a fare la sua parte. Insieme a chi, ogni giorno, serve pasti per il Paese e anche con chi le regole le scrive, con cui l’associazione mantiene un dialogo proficuo e collaborativo.